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Bronzetti, una vittoria scaccia-crisi: “Ho pensato di smettere, qui la mia ripartenza”

Lucia ha raccontato del suo momento nero dopo il successo sulla Teichmann, il primo della carriera a Church Road

di | 01 luglio 2025

Lucia Bronzetti in azione (foto Getty Images)

Lucia Bronzetti in azione (foto Getty Images)

Quel bel sorriso ci era mancato. Finalmente serena, Lucia Bronzetti ha colto a Wimbledon la prima vittoria della sua carriera sui prati di Church Road. Un risultato di prestigio, il cui significato va oltre il risultato stesso; il successo in due set sulla Teichmann chiude un periodo in cui tutto era diventato complicato, grigio, poco piacevole: “Speriamo che questa vittoria possa essere un punto di ripartenza – ha dichiarato nel corso della conferenza stampa post match - . Vengo da un periodo molto difficile, ho sofferto tanto sia dentro sia fuori dal campo e ci sono stati anche momenti in cui ho pensato proprio di smettere di giocare”.
 
I cronisti italiani presenti a Londra la ascoltano con attenzione: “Colpa di un po' di pressioni che mi sono messa addosso da sola, non mi sentivo più libera e non mi divertivo più – spiega - . Ero completamente bloccata. Avevo perso la felicità nel giocare, nel fare questo sport che è la mia passione oltre che il mio lavoro. I primi segnali c’erano stati a Miami, anche se avevo superato un turno. Non gli ho dato peso, ma a Madrid, malgrado la bella vittoria sulla Osaka, ho continuato a non sentirmi bene, non ero così felice della vittoria come avrei dovuto essere. Poi a Roma c’è stato l'apice e da lì è andata sempre peggio. Prima di Wimbledon ho lavorato per una settimana nel modo corretto e ho ritrovato un po' di serenità. Oggi in campo si è visto e anche se ancora non mi sento al 100%, penso sia un punto di ripartenza”.
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Lucia è uscita da questo tunnel grazie all’aiuto e al supporto della famiglia e del team: “Uno cerca sempre di farsi vedere forte – ha aggiunto - , è difficile esprimere le proprie debolezze. Ma io sono fortunata perché ho una famiglia che mi sta molto vicino, non mi mette pressioni e vuole solo che io stia bene e sia felice. Il mio team è fantastico, il mio allenatore mi ha ascoltato, così come il mental coach con cui lavoro tutti i giorni da diversi anni. Li ringrazio perché mi sono stati vicini. Nulla di grave, si parla sempre di sport, ma è il mio lavoro e ci tengo a farlo bene”.
 
Vista da fuori, da chi non è dell'ambiente, si fa fatica a capire e ad immaginare queste cose - aggiunge - . Ma in realtà sono molto comuni tra i giocatori. Poi ognuno ha il suo carattere e reagisce diversamente, ma io sono abbastanza sensibile e mi faccio carico di tante cose che dovrei farmi scivolare più addosso. Cerco di ripetermi che le cose gravi nella vita sono altre. Il peggio che ti può succedere è perdere una partita o smettere di giocare. Però quando poi entri in campo e non stai bene è difficile e io faccio anche tanta fatica a fregarmene. Entrare in campo e fare una figuraccia è una cosa che mi pesa molto”.
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